Educazione alimentare: perchè è essenziale e come cominciare?

L’educazione alimentare rappresenta un tassello fondamentale per la promozione della salute individuale, e di conseguenza pubblica.

Mai come oggi, in un contesto in cui il sovrappeso e l’obesità colpiscono oltre il 30% della popolazione adulta e un numero crescente di bambini, è essenziale agire sulla prevenzione.
Molti studi scientifici come quelli pubblicati dal Journal of Nutrition Education and Behavior sottolineano che educare fin da piccoli a un rapporto sano con il cibo riduce significativamente il rischio di malattie croniche come diabete, ipertensione e problemi cardiovascolari: questo processo deve partire dalla famiglia che è il primo contesto educativo in cui si costruiscono abitudini e valori.

La conoscenza e la consapevolezza riguardo all’alimentazione non sono innate, ma si apprendono con il tempo e l’esempio.
Educare significa insegnare a riconoscere il valore nutritivo degli alimenti, comprendere l’importanza dell’equilibrio energetico e qualitativo, e sviluppare una mentalità critica per orientarsi tra le molteplici informazioni (e disinformazioni) che ci circondano.
L’alimentazione non è solo una necessità biologica, ma anche una componente culturale e sociale, e per questo è cruciale promuovere un approccio positivo e non punitivo verso il cibo.

 

Gli studi dimostrano che le famiglie che investono nell’educazione alimentare, ad esempio attraverso pasti condivisi e scelte consapevoli, hanno una maggiore probabilità di trasmettere ai figli abitudini sane e durature.

Il ruolo della famiglia: la prima scuola di nutrizione
La famiglia è il primo ambiente in cui i bambini imparano a relazionarsi con il cibo.
Non è solo una questione di cosa si mangia, ma anche di come e perché si mangia.
Un aspetto cruciale è l’esempio: i genitori che scelgono con consapevolezza gli alimenti da portare a tavola e li consumano con piacere educano indirettamente i figli a fare lo stesso.
Allo stesso tempo è importante cercare di evitare modalità che si rivelano controproducenti: imporre alcuni alimenti, usare il cibo come ricompensa o punizione, sono strategie che distolgono

Coinvolgere i bambini nella preparazione dei pasti è una strategia che ha dimostrato di aumentare l’accettazione di alimenti sani, come frutta e verdura. Secondo uno studio pubblicato su Appetite nel 2023, i bambini che partecipano regolarmente alla cucina di casa hanno un’alimentazione più varia e sono più inclini a provare nuovi alimenti. Inoltre, il momento del pasto condiviso è un’opportunità per rafforzare i legami familiari, ridurre lo stress e favorire una comunicazione aperta.

Primi passi per migliorare l’alimentazione in famiglia
Iniziare un percorso di educazione alimentare in famiglia non richiede sempre stravolgimenti drastici ma piuttosto piccoli cambiamenti: è vero però che può capitare di sentirsi spaesati o disorientati e in questo caso un aiuto esterno nel rimettere ordine può essere la soluzione.
Partendo dall’aiuto che può portare la pianificazione di un menù settimanale, il primo step è imparare quali possano essere gli alimenti che andranno a comporre il nostro menù anche considerando i gusti che ci caratterizzano.

Come sempre, fare tabula rasa di quanto fatto fino al giorno prima è il modo migliore per arrivare presto alla frustrazione: gusti, gesti e abitudini vanno accompagnati e se per esempio si volesse iniziare con il variare i cereali per i primi piatti rispetto alla solita pasta, più che puntare su farro, grano saraceno o quinoa (magari mai utilizzati), un primo approccio può essere pianificare nella settimana le frequenze di pasta, riso, patate (anche gnocchi quindi) e provare un nuovo cereale come l’orzo che ha un gusto abbastanza neutro.
Giusto un esempio, perché magari anche per noi stessi l’abitudine di cuocere in 10 minuti un piatto di pasta può sembrare più rassicurante di prepararci in 10 minuti del riso (parboiled, perché no) degli gnocchi (bastano anche 2-5 minuti a seconda delle tipologie), dell’orzo (se perlato cuoce nel tempo di un risotto).

*l’orzo che nella sua versione perlata perde la parte di fibre e diventa sovrapponibile per caratteristiche al riso bianco vuole essere solo un esempio: i primi step quando ci si avvicina alla varietà passano anche da alimenti che possono avere una consistenza differente, che possono dare sensazioni diverse alla masticazione.
Ecco che nell’ottica di iniziare ad assaggiare cereali con un gusto più caratteristico e marcato (farro, avena, lo stesso orzo nella versione non perlata, ecc) già approcciarsi ad un aspetto e consistenza differenti è un bel passo da sperimentare con curiosità!

La stessa modalità può essere usata per variare le verdure, le fonti proteiche e addirittura i legumi che spesso non vengono nemmeno considerati!
Eppure i “poveri” – ma ricchi! – legumi possono essere approcciati sotto forma di farine che ora si trovano un po’ ovunque, esiste la pasta di farina di legumi, insomma basta imparare ad usarli (a livello di praticità) e a gustarli, rimanendo curiosi e non arroccati al nostro – un po’ infantile – “non mi piace”.
La fase del non mi piace è del tutto normale nell’infanzia: addirittura la selettività alimentare fa parte proprio delle fasi dello sviluppo di un bambini, con radici ancestrali, ne abbiamo scritto un appofondimento qui.
Ed è proprio nell’accompagnamento attraverso queste fasi che si possono mettere delle grandi basi di educazione alimentare!
Fare la spesa insieme ai bambini per esempio può essere un momento educativo oltre che di condivisione di un’esperienza, mostrando loro come scegliere frutta e verdura fresche e rendendoli poi partecipi anche nella preparazione del cibo, facendoli maneggiare gli alimenti e gli strumenti della cucina (ovviamente in sicurezza) nell’apparecchiare la tavola per chi si siederà con loro.

Spesso quando si rende necessaria una ri-educazione alimentare è il nostro stesso gusto che ha bisogno di essere riaccompagnato: senza accorgerci possiamo aver creato uno sbilanciamento nel riconoscimento dei gusti, come se alcuni alimenti nel tempo fossero riusciti a spegnere alcune aree delle nostre papille gustative e a dare spazio solo a gusti decisi, dolci o comunque molto sapidi, che sono un po’ la caratteristica di molti cibi processati e zuccherati.
Ridurre questo tipo di alimenti non vuol dire demonizzarli, ma quando la nostra ricerca di determinati sapori si fa frequente e forte è proprio un segnale da ascoltare.

L’educazione alimentare è un investimento sul benessere presente e futuro.

Partire dalla famiglia significa creare un ambiente in cui il cibo è vissuto come una risorsa preziosa, un piacere e un mezzo per prendersi cura di sé e degli altri.
Con piccoli passi quotidiani, possiamo costruire abitudini che faranno la differenza nella salute delle generazioni future.
Come sottolineano i ricercatori, educare oggi significa prevenire domani: un principio che vale la pena abbracciare e mettere in pratica.

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